La danza dell‘Ndrezzata: il ballo tipico ischitano
Un antico adagio ricorda che Ischia – dove si mangia, si beve, si canta si balla e si fischia – è una terra di piaceri, ma anche di molta tradizione. I balli ischitani, in particolare, sono molto densi di significati e portano dietro una lunga storia e tradizione. Tra i balli più caratteristici dell’isola non si può non ricordare la danza dell’Ndrezzata, le cui origini sono controverse e si perdono nella notte dei tempi.
Storia del più originale dei balli ischitani
Le teorie sull’origine della danza sono numerose: chi sostiene l’origine da un antico mito greco, chi la fa risalire alla Spagna o ad aree geografiche nord africane (Egitto), alla Polonia o ad altre danze simili presenti nelle località italiane limitrofe. Storicamente si possiedono due fonti principali che citano la danza:
- Un testo conservato presso la Biblioteca Antoniana di Ischia riportante un’ode risalente al 1600 di Filippo Sgruttendio; e
- Un manoscritto custodito nella sagrestia della Chiesa di San Giovanni Battista in località Buonopane, in cui si narra di un vescovo che cercò di sedare una controversia insorta tra le contrade di Buonopane e Barano.
La diatriba all’origine dello scontro è di natura passionale: si narra di un marinaio di nome Rocc’none che di ritorno da un viaggio porta alla sua amata una fusciacca (o uno scialle o, in altre versioni, una cintura di corallo). Quando, il marinaio vede il proprio dono – unico e originale – portato da un altro uomo, Giovannone, capisce di essere stato tradito e sfida in duello il rivale per risolvere la faccenda, dandosi appuntamento sul ponte che divide i due paesi di Barano e Buonopane. La lite degenera con il coinvolgimento degli altri paesani e il Vescovo interviene per risolvere la faida, e dopo scontri sanguinosi si conclude la pace nella Basilica di San Giovanni Battista ai piedi della statua della Madonna della Porta, il lunedì in albis. In ricordo dell’evento, si esegue la danza tutti gli anni il giorno del lunedì dell’Angelo (Pasquetta) e il 24 giugno, ricorrenza di San Giovanni Battista, santo patrono.
Il recupero della danza tradizionale risale apparentemente agli anni ’30 del secolo scorso. In quegli anni e nell’immediato dopoguerra, molti ischitani originari di Buonopane emigrarono negli USA spinti dalla povertà. Un gruppo di 160 persone, giunte a New York, introdussero la danza nella propria comunità per non perdere il contatto con le proprie origini, ma furono bloccati dalle autorità locali perché ritenevano la danza una sorta di addestramento alla lotta sovversiva di stampo comunista. I ballerini furono rimpatriati e ripresero la tradizione nella loro terra natale. Negli anni ’50, la danza divenne una fusione dei diversi balli della tradizione ischitana: l’Ndrezzata, la trallera e la “mascherata”, dalla trallera si è presa la tradizione della sfilata detta anche serenata, dalla mascherata si è tratta la coreografia del ballo e dalla ‘ndrezzata di Campagnano, la predica. Il ballo è eseguito esclusivamente da uomini, ma nel 1983 furono introdotte le donne, potendo così eseguire la danza anche in coppia.
Il costume dei ballerini ischitani della ‘Ndrezzata
Il primo costume fu realizzato intorno agli anni ’30 ispirandosi chiaramente al passato da pescatori della popolazione locale. Furono utilizzati materiali e stoffe semplici e per ricordare la povertà dell’epoca, la stoffa delle maniche delle camicie furono cucite al panciotto in tela che si abbottona con una doppia fila di bottoni. I pantaloni arrivano sotto le ginocchia con le stringhe allacciate all’estremità per tenerli fermi. Le scarpe sono dei comuni sandali di cuoio, nella forgia da cortigiano. Il costume è ispirato al tricolore italiano, con un colletto e una pallina sul cappello cuciti in velluto verde e rosso.
Come si esegue la danza
La ‘Ndrezzata può essere considerato un vero e proprio rito, piuttosto che una semplice danza folkloristica. La coreografia si compone di tra parti:
- La sfilata,
- La predica;
- La danza.
I ballerini sono 18 e ciascuno di loro tramanda ai propri discendenti i segreti e l’orgoglio di prendere parte a questa tradizione. Il ballo rituale inizia con una sfilata con metà dei ballerini che entrano indossando un corpetto di coloro rosso (rappresentano gli uomini) e l’altra metà indossa un corpino di colore verde (le donne). In testa al gruppo, sfila il caporale al ritmo di due clarini e due tammorre che hanno sostituito i flauti e i fischietti di un tempo. Terminata la sfilata, i gruppi di ballerini si dispongono in due cerchi concentrici impugnando un mazzariello con la mano destra e con la sinistra una spada di legno. Quando il caporale dà l’ordine e a ritmo di musica, la danza ha inizio rievocando le mosse degli schermidori: saluto, stoccata, schivate e parate. Le figure coreografiche principali della danza sono due:
- La rosa con l’intreccio dei mazzarielli con le mani alzate; e
- L’elevazione del caporale sopra la rosa recitando nell’antico dialetto ischitano la predica, una parte recitata con le strofe in parte dedicate all’amore e in parte dedicate all’evocazione di fatti storici, della paura dei saraceni, le fughe sul Monte Epomeo, alle difficoltà di lavorare nei campi o uscire per mare.